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Immagine del redattoreLaura Di Passio

Discorso sull'eteronormatività

L’eteronormatività è un concetto la cui definizione appare semplice; tuttavia, gli elementi che ne compongono il significato globale sono piuttosto intrecciati tra loro. È corretto, quindi, iniziare a spiegarne l’etimologia dall’origine.


Prima dell’eteronormatività - termine reso noto dal critico letterario americano Michael Warner nel 1991 a proposito di una nascente Teoria Queer - è bene considerare l’eterosessismo, un sistema che racchiude tendenze a base discriminatoria rivolte ad ogni tipologia di sessualità divergente da quella eterosessuale. Alla base dell’eterosessismo vi è la convinzione che le relazioni sessuali tra soggetti di sesso opposto, anche animali, rappresentino l’unica sessualità normativa, ossia l’unica effettivamente normale ‘per natura’.

Nel momento in cui si dogmatizza la legittimazione egemonica dell’eterosessismo come ‘superiore’, si creano inevitabilmente delle classi ritenute inferiori, di secondo livello; in questo caso, si discriminano tutte le altre forme di sessualità: questo passaggio gerarchico dà vita all’eteronormatività.

L’eteronormatività sottende quindi la lettura dei due generi (uomo-donna) come distinti e complementari, accettandone e normalizzandone i ruoli sociali e di genere sulla base della norma biologica.


L’importanza del linguaggio


La presunzione che tutte le persone siano eterosessuali ‘per natura’ spinge a considerare l’eterosessualità un’ideale superiore. Ma quanto di ciò è effettivamente naturale e quanto - che non ci aspettiamo - è invece frutto di una costruzione esterna e da noi interiorizzata?

Il linguaggio è un soggetto di analisi fondamentale per comprendere questa premessa pungente.


Come sappiamo, il linguaggio vincola uno per uno tutti i concetti che ci passano per la mente; sarebbe impossibile, allora, pensare che esso non abbia una sua influenza anche nel definire, in un modo specifico, gli epiteti che utilizziamo per descrivere le nostre stesse persone.

Nell’ambito sessuale, l’indissolubile legame tra il linguaggio e la sessualità crea l’identità sessuale e, per estensione, il genere.

In buona sostanza la corrispondenza tra sesso, genere e desiderio viene dotata di senso esplicito attraverso la parola, la quale contribuisce così alla costruzione sociale sia del desiderio erotico egemone che dell’identità sessuale.

Ciò che in sociolinguistica viene chiamato “atto di identità”, ossia l’atto “di raccontarsi”, alla fine risulta quindi confinato ad una funzione del soggetto narrante che altro non è che protagonista di un sistema di assoggettamento (narrativo). Come fa notare la filosofa Judith Butler (1997): “Un soggetto è tale in quanto assoggettato alle norme”.

Di conseguenza la narrazione che ciascunə fa di sé stessə risponde ad una domanda… E a tale domanda il soggetto risponde tante volte quante ne sono necessarie per normalizzare la sua identità sia a se stessə che aglз altrз (Althusser, 1995).


Occorre ricordare che il confronto con l’Altrə, nonché il riconoscimento che quasi pretendiamo dall’Altrə, siano altrettanto fondamentali per la costruzione della nostra identità, resa possibile unicamente da una dialettica continua tra lз soggettз. Ciò dimostra che l’eteronormatività non prende forma solo per l’opposizione all’omosessualità, ma anche attraverso i discorsi normativi interni all’eteronormatività stessa. Se volessimo fare una confutazione storico-filosofica, si potrebbe dire che in questa circostanza non vale l’asserzione giusnaturalista sui diritti naturali che precedono le leggi della società; piuttosto, potremmo avvicinarci a una teoria più hegeliana per la quale la propria identità risulta una lotta costante.


L’ideologia gender per l’eteronormato


Se vi state chiedendo da chi è composto il pubblico eteronormato, la risposta è che si tratta innanzitutto di un bacino eterogeneo e ancora decisamente vasto, che integra la sfera sociale (sia in termini singoli che collettivi), quella istituzionale religiosa e, senza stupore, anche quella politica-economica.

La più singolare reazione di chi obietta alle rivendicazioni di genere consiste nella negazione stessa dell’esistenza dell’ideologia di genere. A partire dalle singole persone eteronormate, fino a quelle latentemente omofobe, allз rappresentantз delle varie destre parlamentari e alla Chiesa cattolica, la battaglia condotta contro la questione gender si riduce a dichiarazioni quali “la teoria del gender non esiste”; dichiarazioni chiaramente non solo verbalizzate per opposizione, ma integrate fermamente nello spirito e nella credenza di tali individui.

Si ricordi, per esempio, che a partire dal 2015 sia le correnti fondamentaliste sia i rappresentanti delle varie destre (siano anche anticapitalistiche) si sono battute fortemente per far ritirare dalle scuole i cosiddetti “libri gender”, riportando a galla il problema che si nasconde dietro a non pochi programmi politico-amministrativi: il costante ritorno a una società che, invece di accogliere, esclude.


Potremmo permetterci di dire che dietro la rigidità del fenomeno eteronormativo c’è senz’altro il timore di una minaccia, ossia di qualcosa che mini l’equilibrio dell’ordine simbolico e sociale eteronormativo, fondato sulla produzione di generi distinti, complementari, coercitivi e oppressivi. La paura della società eteronormata è di perdere i propri privilegi, simbolici e materiali.


Un riferimento al filosofo Michel Foucalt


Il teorico David M. Halperin nell’opera San Foucault. Verso un’agiografia gay ricorda come Foucault sottolineava che l’omosessualità non nomina una forma già esistente del desiderio, ma è piuttosto “qualcosa da desiderare”.

Con questa affermazione sosteniamo che Foucault intendesse semplicemente invitare al cambiamento: se è vero che ‘si è’ o ‘non si è’ omosessualз - e non lo si diventa -, è altrettanto vero che si può sempre trasformare concettualmente se stessз. Abbandonare il dogmatico obbligo moraleggiante dell’eteronormatività vuol dire accogliere l’opportunità di una auto-trasformazione.


La società moderna - se non addirittura post-moderna - si differenzia strutturalmente dalle società passate per la sua “riflessività” (come teorizza il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman). La riflessività di una società corrisponde alla capacità della stessa di auto-interrogarsi costantemente e di mutare altrettanto incessantemente il proprio assetto a fronte delle nuove verità raggiunte. Non esiste più perciò una “verità assoluta”, come invece è stata resa possibile nelle precedenti società grazie alla presenza irriducibile della tradizione, la quale cristallizzava e dogmatizzava la norma. Ad oggi tutto è in divenire, anche le nostre essenze.

Che si accolga allora il cambiamento aprendo la porta a nuove immagini di noi stessз; potremmo notare, così, che non risultiamo ‘meno uomini’ o ‘meno donne’ accettando ciò che dell’unə è nell’altrə. Saremo solo più ricchз, a quel punto finalmente indefinibili nella nostra grandezza e profondità.


Laura Di Passio


Bibliografia


Althusser, L. (1995), Sur la reproduction; trad. it. Lo stato e i suoi apparati, Roma, Editori Riuniti, 1997.

Butler, J. (1997), The Psychic Life of Power: Theories of Subjection; trad. it. La vita psichica del potere. Teorie della soggettivazione e dell’assoggettamento, Roma, Meltemi, 2005.

D.M. Halperin (1995), Saint Foucault. Towards a Gay Hagiography; Oxford, Oxford University Press, 1995, trad it. di F. Monceri (2013), San Foucault. Verso un’agiografia gay, Pisa, ETS, pp. 109-110

Jung P.B. e Smith, Ralph F., (1993). Heterosexism: An Ethical Challenge, State University of New York Press

Hegel, G.W.F. (1807), La fenomenologia dello spirito, Milano, Bompiani, 2000.

Monceri F. (2016), Prendere l'eteronormatività con ironia. David M. Halperin e la «cultura gay», Il Mulino, pp. 163-172

Virgili E. (2015), Slut! La costruzione dell' eteronormatività attraverso l'insulto e una possibile risposta; Università degli Studi dell'Insubria Varese-Como, AG Aboutgender. International journal of Gender Studies, pp.81-99

Warner M., (1991). Introduction: Fear of a Queer Planet.


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