Ensemble è il titolo della mostra di Julie Mehretu attualmente in corso al Palazzo Grassi di Venezia (17 Marzo 2024 – 6 Gennaio 2025). Lз compagnз di viaggio: Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer, Jessica Rankin. Insieme, dunque, si fa arte.
“Figli di rivoluzioni fallite”, come lз definisce lei, lз artistз in mostra condividono linguaggi ed esperienze che prendono vita grazie all’assenza di criterio cronologico nell’allestimento, permettendo allз visitatorз di confrontare oltre 25 anni di produzione di Mehretu e i lavori dellз suз amicз e artistз, perdendosi nel dedalo di stimoli e stratificazioni. Connessioni, reti, intersezioni di significati. Mehretu è in grado diportare lз visitatorз all’interno dell’opera, chiedendo loro di tuffarcìsi e districarsi tra bombardamenti, violenze, migrazioni, vicende personali, geografia e politica, per poi riemergere ricchз di un pensiero, un ragionamento.
Black City, 2007, dettaglio
L’architettura come macchinazione della politica
Le opere di Julie Mehretu si costruiscono lentamente, strato dopo strato, con linguaggi e tecniche sempre diversi, risultando in un unico manto vulnerabile all’indagine del pubblico. In un primo periodo, le opere presentano rimandi architettonici su cui Mehretu stende pennellate violente, linee improvvise, incisioni che guidano il percorso dell’occhio sulla tela. L’intersezione tra meridiani e paralleli tracciati rivela precisi avvenimenti: in Chimera (2013) appaiono le rovine di uno dei palazzi-bunker di Saddam Hussein a Baghdad, bombardati dall’esercito americano; in Rise of the New Suprematists (2001), Mehretu ragiona sul significato politico dell’architettura: “I think architecture reflects the machinations of politics, and that’s why I am interested in it as a metaphor for those institutions. I don’t think of architectural language as just a metaphor about space”. Con dei semplici segni grafici, smaschera le strutture di potere sottese all’abitare, rendendo lз visitatorз coscientз dello spazio che occupano.
Rise of the New Suprematists, 2001
Stranieri ovunque
Dal 2016, le scene raffigurate perdono quasi interamente la figurazione per lasciare spazio al colore, ottenuto dalla manipolazione digitale di immagini di cronaca. “One of my friends said to me ‘they’re so colourful!’ I said ‘well we had Trump, we had to do something’”. L’obiettivo, però, non è mai la critica sterile, bensì l’estrazione di significati e la loro risemantizzazione nel presente: più violento è il gesto, più l’occhio danza sulla tela alla ricerca di rimandi. Il repertorio: l’ascesa del suprematismo bianco, le guerre civili, i conflitti etnici, le catastrofi climatiche, i movimenti di emancipazione, le manifestazioni e le rivolte popolari. Stranieri Ovunque – come il titolo della Biennale Arte inaugurata proprio a Venezia lo scorso 20 Aprile – suggerisce una sensazione disorientante che rimane sotto la pelle.
Riferendosi ai suoi lavori: “They come out of this state of alert or state of alarm and also what might be emergent other possibilities”. In Among the Multitude XIII (2021-2022), operando su immagini che rappresentano il personale sanitario e le barelle su cui giacciono i corpi nel periodo del COVID-19, l’artista rievoca l’essere parte di una comunità politica e accende il ricordo di un’azione collettiva, di uno sforzo comune. È impossibile, però, ri-emergere dalla tela senza accorgersi che è il proprio sguardo a essere stratificato, culturalmente situato, politico e privilegiato.
L’intervento di Mehretu fotografa una realtà sempre più mediata, astratta, e rende il pubblico demiurgo delle sue opere: esorta a porsi interrogativi, scavare per esplorare le opportunità di quegli spazi in cui la parola non può arrivare; chiede di spogliarsi del proprio privilegio per guardare dentro la moltitudine di altre realtà possibili. Il viaggio è personale, ma intersecando le proprie esperienze, si può sfuggire alla prigione dei luoghi e ritrovare il proprio senso di appartenenza, ensemble.
Among the Multitude XIII, 2021-2022
Caterina Ostuni Minuzzi
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