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  • Immagine del redattoreFederica Russo

Il fenomeno migratorio come dimensione dello sviluppo umano

La migrazione è un fenomeno complesso, non riducibile ai soli indicatori economici e sociali, ma da inquadrare nell'ottica di un ampliamento delle libertà individuali.


Il dibattito sul fenomeno migratorio è oggi all’ordine del giorno, ma le migrazioni sono sempre esistite, tanto che la prima migrazione risale a quasi 2 milioni di anni fa.

Quello che cambia col tempo sono le motivazioni alla base della migrazione: se nei secoli scorsi i flussi erano monoculturali verso uno specifico Paese, per via di una relazione spesso segnata da un passato coloniale, oggi si è passati a flussi diversificati che non si possono ridurre solamente ad una dimensione.

Grazie alla globalizzazione, la possibilità di cambiare vita per rincorrere i propri sogni o un futuro migliore è diventata reale e ha portato a un incremento degli spostamenti in qualunque direzione per soddisfare bisogni individuali: quello che muove le persone è la libertà di scelta.



Quali sono le ragioni che possono spingere le persone allo spostamento?

Alla base dello spostamento ci possono essere ragioni economiche come nuove opportunità di lavoro, o di un lavoro migliore, di contratti lavorativi che garantiscano il rispetto dei diritti o la minimum wage (la paga base che garantisce una vita dignitosa in un determinato Paese o area geografica), ragioni sociali come una maggiore tolleranza verso la religione professata, l’orientamento sessuale o l’etnia di appartenenza o semplicemente ragioni soggettive come la preferenza di un individuo di vivere in un Paese piuttosto che in un altro, la preferenza per un certo clima o una certa cultura, il ricongiungimento con parenti o familiari.


Ma chi sono lɜ migranti?

Chiunque si sposti dal proprio luogo di residenza ad un altro, esterno o interno al Paese di riferimento, per un periodo superiore ai 3 mesi è considerato unɜ migrante.

Una grossa distinzione tra i flussi è quella tra migrazioni volontarie e forzate.

Oggi, su una popolazione mondiale di 6 miliardi di persone, circa il 3% sono migranti, di cui quasi la metà sono migranti forzati.

Nel momento in cui una persona è forzata allo spostamento ha il diritto di richiedere la protezione internazionale (anche detto ‘asilo’) in un altro Paese.


Il concetto di protezione internazionale nasce dopo la Seconda Guerra Mondiale con la Convenzione di Ginevra del 1951, introdotta a tutela delle popolazioni che furono al centro delle politiche razziali in Europa, costrette a scappare.

La protezione internazionale viene concessa:

  • a chi subisce persecuzioni per motivi etnici, politici, di nazionalità, di religione o per l’appartenenza ad un gruppo sociale discriminato (ad esempio omosessuali, donne ecc.),

  • per motivi di guerra,

  • per cambiamenti climatici.


Una volta ottenuta la protezione internazionale si diventa rifugiatɜ.

Lo status di rifugiatə dura 5 anni, può essere rinnovato se sussistono le stesse condizioni o può essere fatta richiesta per ottenere la cittadinanza.


In Europa vige il decreto Dublino III che, a mio parere, stabilisce delle regole che mettono in pericolo la vita di moltɜ migranti forzatɜ.

In primis, stabilisce che per richiedere la protezione internazionale bisogni essere fisicamente sul territorio: questo comporta viaggi pericolosi di giorni, mesi, anni, per coloro che sono costrettɜ a scappare. Un altro limite è quello di dovere fare richiesta nel primo Paese di arrivo senza possibilità di scelta o smistamento: questo genera incapacità di gestione in alcuni Paesi, in particolare quelli costieri.


La migrazione e lɜ migranti non sono ben volutɜ, ma la migrazione rappresenta un'importante dimensione dello sviluppo umano, in quanto consente alle persone di aumentare le prospettive di reddito, istruzione e salute, oltre che la propria libertà.

Ma inoltre la mobilità degli individui gioca un ruolo importantissimo nel cambiamento delle condizioni socio-economiche e nello sviluppo sia dei paesi di partenza sia di quelli di destinazione.


Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), le migrazioni generano sviluppo sia per il Paese di origine che per il Paese di provenienza.

Lɜ migranti sono quindi attori centrali dello sviluppo. Quest’ultimo, per potersi verificare, deve essere strettamente connesso con strategie e progetti mirati alla crescita dei Paesi stessi: per il conseguimento di uno sviluppo globale e sostenibile, sono necessarie in Europa e in Italia strategie di sviluppo a lungo termine incentrate sull’integrazione dei migranti, sia dal punto di vista sociale, che dal punto di vista politico-economico.


Federica Russo

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