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Immagine del redattoreFederica Biffi

La letteratura della migrazione in Italia: un retaggio di (dis)illusioni e speranze

Nota: In un altro contesto, la nazionalità

dellɜ autorɜ sarebbe superflua,

ma in questo caso la tematica trattata

ne richiede la specificazione.

Ai posteri la comprensione di tutto quanto


È il 1990 e in Italia vengono pubblicati tre libri, scritti a quattro mani: Chiamatemi Alì del marocchino Mohamed Bouchane, Immigrato del tunisino Salah Methnani e Io, venditore di elefanti del senegalese Pap Khouma; nel 1991 è la volta dell’uscita de La promessa di Hamadi del senegalese Saidou Moussa Ba. Si tratta della “letteratura della migrazione”, co-costruita dallɜ “scrittorɜ migranti” (espressione che deriva dalla definizione inglese migrant writers). È un tipo di letteratura che testimonia l’esperienza dellɜ migranti arrivatɜ in Italia e che nasce dalla necessità dellɜ intellettuali provenienti da altri Paesi di esplicitare la loro parola; ma non solo: vogliono comunicare, creare un ponte, attraverso la scrittura, con il pubblico italiano. Si parla di testi spesso autobiografici, che raccontano il vuoto e la solitudine vissuta, parlando di violenza, di razzismo e della difficile integrazione delle persone migranti con la società italiana. Un tratto che accomuna questa letteratura è l’oralità, a ricordare i cantastorie che vengono da Paesi lontani.


Arrivano in Italia partendo dall’Africa, dall’Europa dell’Est, dall’Asia, dai Paesi del Medio Oriente e scrivono in lingua italiana. Sono persone migranti e da uno spiccato intelletto. Al contrario dell’estero - che ha un passato coloniale iniziato molto prima -, l’Italia è stata l’approdo di migliaia di migranti a partire dagli anni Ottanta del Novecento, persone in cerca di condizioni dignitose e di una vita migliore, anche se scontratisi con ostacoli insormontabili - e imperdonabili. Seppur rimasta per tanto tempo eterea, la letteratura della migrazione ne è stata la testimonianza più sentita - e più brutale.


È noto che il tema della migrazione - e più in generale del viaggio - è stato un topos che ha contaminato la letteratura, a partire dagli scritti delle persone esiliate degli anni del nazismo, che raccontano le loro epopee di fuga (ne è un esempio Il mondo di ieri di Stefan Zweig), fino allɜ scrittorɜ che lasciano la loro madrepatria emigrando in Paesi diversi, adattandosi alla cultura e dando vita a capolavori ricchi di multiculturalità. È il caso, per esempio, dello scrittore dell’assurdo Samuel Beckett che dall’inglese emigra al francese; oppure di Milan Kundera, autore ceco naturalizzato statunitense - noto per il romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere - che nel 1995 scrive La lentezza in lingua francese.


Tra lɜ autorɜ della migrazione, in Italia Pap Khouma è tra le figure più note: ha sdoganato il tabù della migrazione messa su carta e ha cercato di diffonderla attraverso una prospettiva inedita. Infatti, la letteratura della migrazione è stata all’epoca quasi invisibile; lo sarebbe ancora, se non fosse stato per l’impegno di associazioni e piccole case editrici che hanno dato voce alle persone che cercavano di esprimersi in un ambiente poco incline all’accoglienza e all’apertura culturale. Nato a Dakar nel 1957, naturalizzato italiano, Khouma si è trasferito a Milano nel 1984. Il suo primo libro Io, venditore di elefanti, edito Garzanti e firmato con Oreste Pivetta nel 1990, racconta le difficoltà che ha affrontato come venditore ambulante e come persona migrante. Come sovente avveniva, l’autore è stato affiancato da professionistɜ della scrittura e giornalistɜ: ecco perché molti di questi romanzi sono scritti a quattro mani.

Pap Khouma, autore del libro 'Io, venditore di elefanti'


Saidou Moussa Bache è stato aiutato da Alessandro Micheletti per scrivere La promessa di Hamadi, edito da De Agostini Scuola: il romanzo narra la storia di Semba, un giovane che ha lasciato la madrepatria in cerca di una vita più prospera in italia, e riflette la triste realtà delle persone migranti, la nostalgia per il proprio Paese d’origine - nonostante la decisione di partire -, le difficoltà di inserimento e di integrazione in una cultura lontana concettualmente e che fatica ad apprezzare il diverso. Mohamed Bouchaneche, invece, è l’autore di Chiamatemi Alì, edito da Leonardo e redatto a sei mani, in collaborazione con Carla De Girolamo e Daniele Miccione. È un romanzo di testimonianza, scritto attraverso il format di un diario di viaggio, in cui l’autore, tutte le notti, racconta dei suoi momenti di vita da persona migrante: un’eco di sogni e illusioni di un’intera generazione di migranti (la prima).


Mohamed Bouchaneche (con Carla De Girolamo e Daniele Miccione) - Chiamatemi Alì


Se le prime opere dellɜ intellettuali migranti hanno trovato un muro nella distribuzione editoriale, è con il nuovo millennio che queste iniziano ad avere una meritata visibilità e una dignità che permette di espandere gli orizzonti di pensiero. Tra questi, è noto Carmine Abate, autore e insegnante italiano di origini arbëresh, figlio di migranti e con una storia personale di emigrazione in Germania. Le sue opere narrano della migrazione delle persone albanesi, arrivate in Italia dopo la morte di Scanderbeg, condottiero albanese, e trattano tematiche di migrazione e incontro tra culture diverse. Tra le sue opere si annoverano La moto di Scanderbeg (1999), La festa del ritorno (2004), La collina del vento (2012).


Carmine Abate, autore e insegnante italiano di origini arbëresh


Un altro esponente della letteratura della migrazione dell’attualità è Kossi Komla-Ebri, scrittore togolese naturalizzato italiano, che in Imbarazzismi: quotidiani imbarazzi in bianco e nero (2002) ha raccolto una serie di episodi esilaranti e paradossali (e inquietanti) di razzismo quotidiano, spesso inconsapevole; rappresentano a pieno titolo lo stereotipo strutturale cucito sulle persone migranti. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Bologna e specializzato in Chirurgia Generale all’Università di Milano, ha aspettato dieci anni per ottenere la cittadinanza e altrettanti per iscriversi all’albo ed esercitare la professione.


Ma la lista non si ferma di certo qui. Esiste una vasta letteratura di scrittorɜ migranti, in esilio, in fuga, ricercando la libertà - e se stessɜ - che può essere utilizzata come un mezzo (potente) di sensibilizzazione e di trasmissione di valori. Eppure la letteratura della migrazione ha lasciato poche tracce nell’immaginario comune. Il viaggio, la nostalgia (quella sehnsucht del romanticismo tedesco) hanno da sempre intriso gli scritti di una forte connotazione sentimentale - e un po’ idealista - tanto apprezzata dal pubblico. Eppure la letteratura della migrazione non ha mai sortito lo stesso effetto. Armando Gnisci è stato uno dei più importanti studiosi di Critica letteraria e Letteratura comparata (era Professore all’Università La Sapienza di Roma) e fondatore della Banca dati dellɜ scrittorɜ immigratɜ in lingua italiana (1997), oggi dal nome Basili & Limm. Ha cercato di diffondere spazi di confronto dando importanza a incredibili storie di coraggio e speranza. “Queste persone scrivendo letteratura preparano il ‘nuovo mondo’ e vanno formando l’attuale transculturazione europea”, sono state le sue parole.


Federica Biffi


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