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  • Immagine del redattoreElena Pagnoni

Nerə o di colore?

L’onda del ‘politicamente corretto’ che da circa vent’anni si riversa sul dibattito pubblico italiano ha determinato non pochi cambiamenti nel modo in cui utilizziamo le parole, o per lo meno ha lanciato un appello generale invitandoci a una maggiore attenzione nella scelta delle parole. Tra le altre cose, il modo in cui le persone bianche parlano delle persone non bianche è al centro di un acceso dibattito ancora oggi. Ma prima di entrare nel merito del perché utilizzare la formula “di colore” sia problematico, vorrei fare due premesse.


La prima: le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il sentire di gran parte delle persone interessate da questo dibattito, bensì non necessariamente tutte. Se una persona non bianca è d’accordo sul fatto che ci si riferisca a lei con “di colore”, allora la discussione va interrotta sul nascere, perché in ultima battuta (ma pure in prima!) la scelta di come identificarsi spetta unicamente a lei, in virtù del suo diritto ad autodeterminarsi. Seconda premessa: al netto del dibattito nerə/di colore, è chiaro che è sempre meglio riferirci alle persone attraverso caratteristiche che non siano il colore della carnagione, il quale è spesso superfluo al fine della conversazione.


“Di colore” è un’espressione ampiamente utilizzata nei media italiani e sta a indicare qualunque persona non sia bianca. Deriva dal termine inglese “colored” (che è diverso da “of color”*) e quindi letteralmente “coloratə”: un retaggio schiavista che si riferisce al termine con cui negli Stati Uniti si definivano le persone nere in epoca di schiavitù, e successivamente in epoca di segregazione razziale. In Italia è arrivato come “di colore” e, tenendo in considerazione le dovute differenze storico-culturali rispetto al contesto statunitense, questo termine ha preso piede negli anni Settanta come sostituto edulcorato e meno offensivo di “negrə”.



Seppur percepita da moltə come formula neutra e priva di connotazione negativa, sono sempre di più le voci di persone nere (e non solo) che si oppongono all’utilizzo di “di colore”, principalmente per due motivi:


1) Ha un valore etnocentrico e discriminante

2) Ma di che colore?


Il valore etnocentrico e discriminante risiede nel fatto che “di colore” descrive tutto ciò che è altro da bianco. Il bianco – nella sua sfumatura caucasica – non è nemmeno visto come un colore, se contrapposto agli altri che invece lo sono. Di conseguenza, “di colore” si fonda sul presupposto che il bianco sia lo standard, il termine di paragone attorno cui orbitano tutti gli altri colori. Questa visione è ancora tristemente radicata nella cultura identitaria italiana (e non solo) ed è figlia di secoli di retorica razzista e coloniale il cui obbiettivo è ancora oggi quello di interporre una distanza di valore sempre più marcata tra chi è biancə e chi non lo è, categorizzando e stigmatizzando questз ultimз.

Dire “persona di colore” con l’intenzione di essere politically correct e di non usare espressioni offensive finisce paradossalmente per causare l’effetto contrario perché si mette l’accento proprio sulla caratteristica che si vorrebbe non evidenziare e non discriminare (il colore della pelle). Per questo motivo si tende a preferire in linea generale “nera”, “nero”, “nerə” il quale, no, non è un insulto, come sottolineano lз ragazzз di Afroitalian Souls.

La seconda obiezione mossa a chi usa l’espressione “di colore” è la domanda: ma di che colore? Fino a prova contraria, chi cambia colore sulla base delle emozioni, delle condizioni ambientali esterne o dello stato di salute sono le persone dalla pelle bianca, contrariamente a chi è nerə, la cui pelle resta sempre invariata, come l’autore anonimo della poesia Uomo di colore suggerisce in versi:

Amico bianco: quando nasco, sono nero

Quando cresco, sono nero

Quando è caldo, sono nero

Quando è freddo, sono nero

Quando ho paura, sono nero

Quando sono malato, sono nero

Quando muoio, sono nero

Tu quando nasci, sei rosa

Quando cresci, sei bianco

Quando è caldo, sei rosso

Quando è freddo, sei viola

Quando hai paura, sei giallo

Quando sei malato, sei verde

Quando muori, sei grigio.

Allora, perché continui a chiamare me

“uomo di colore”?

Tuttз abbiamo un colore della pelle. Di conseguenza attribuirlo esclusivamente a chi ha la pelle di un colore diverso da quello chiaro caucasico non soltanto è impreciso da un punto di vista puramente logico (di nuovo, anche il bianco è un colore), ma riproduce l’ideologia di supremazia bianca e derubrica a diverse – inferiori (ndr) – tutte le etnie che non sono incluse in quell’élite.

Quindi, è meglio dire “persona nera” o “persona di colore”? Senza dubbio, “persona nera”.

Lo rivendica espressamente il team di Afroitalian Souls nel loro progetto di divulgazione sulla diaspora africana in Italia; l’autore e accademico Esoh Elamé ci intitola il suo libro Non chiamatemi uomo di colore, Yonas.it nella sua riflessione fa chiarezza sui termini “negrə”, “nerə” e “di colore” e così come loro, anche tantissime altre persone le quali non devono avere visibilità pubblica affinché la loro opinione e volontà di autodeterminazione vengano rispettate. “Nerə” non è un insulto: semmai è la forma più precisa per parlare di chi ha la pelle nera (nel caso questa caratteristica sia rilevante ai fini del discorso).

Nerə è il termine che dobbiamo utilizzare perché, per molte persone, nero è molto di più del loro incarnato. La portata politica di “nerə” è per moltз motivo di orgoglio e un tratto identitario. Pensiamo al contesto degli Stati Uniti dove black è simbolo e parola chiave dei movimenti politici per i diritti delle minoranze come i Black Panthers e il più recente Black Lives Matter. Molto più che dal colore della pelle, le persone in questi movimenti sono accomunate da un’identità, la black identity, la cui portata è storica, sociale e politica. #BlackPower, #BlackIsBeautiful, #BlackExcellence sono solo alcuni dei molteplici slogan con cui ogni giorno sui social si celebra, si ricorda, e si rivendica l’identità nera.

Quindi in conclusione: parlando di persone “nere”, invece che “di colore” non solo non le offendi, ma rischi persino di rendere omaggio alla loro identità collettiva!

* “People of color” (spesso abbreviato come POC) è un’espressione usata prevalentemente nel contesto nord americano per riferirsi alle persone americane non bianche. Contrariamente alla traduzione italiana “di colore” – che come abbiamo visto discende direttamente dal “colored” utilizzato in schiavitù e in apartheid – “of color” ha assunto una connotazione neutra poiché ultimo step di un’evoluzione linguistica che ha visto l’adozione e il conseguente superamento prima di “colored” – considerato degradante e offensivo – e poi di “minorities”, minoranze, che è un concetto demograficamente impreciso.

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