“Di dove sei?”
“Sono Italiana”
“No, intendo, di dove sei veramente?”
Domande di questo genere mi sono state fatte quando ero bambina e vivevo a Verona. Per molti la mia risposta - Italia - non era abbastanza. Pensavano che dovessi aggiungere più dettagli, un'ulteriore spiegazione. Non era assolutamente possibile che una bambina non bianca potesse essere solo italiana.
Crescendo a Verona, ho subito discriminazioni e microaggressioni da parte dei miei compagni di classe, insegnanti, persone in banca o al supermercato. Come quella volta che un bambino a scuola mi ha chiamato n**** durante la ricreazione; o quella volta in cui la mia insegnante ha detto che il motivo per cui non riuscivo ad ottenere un voto più alto nella sua materia era perché i neri e i poc (people of color) impiegano più tempo a capire le cose. All'epoca sapevo che questi commenti erano sbagliati, ma non ho mai reagito o detto nulla a riguardo perché ero così abituata a questo tipo di comportamento da parte delle persone che non pensavo di poter fare o dire nulla. Ammetto però che la mia esperienza non è così negativa come quella di alcune persone che conosco. In alcuni casi le persone presumono che uno dei miei genitori sia bianco perché il mio nome e il mio cognome sono italiani. Questo dà loro la rassicurazione che una parte di me è italiana geneticamente, e quindi non dovrei essere trattata male come altre persone che non ‘sembrano’ italiane.
Quando mi sono trasferita negli USA - prima a Seattle al liceo, per un anno all'estero, poi a Chicago per l'università - e poi nel Regno Unito - per conseguire un master - ho sperimentato l'accettazione. Nell'ambiente in cui vivevo, essere diversi era un vantaggio, non uno svantaggio. Non che gli USA e UK non abbiano i loro problemi con la diversità e una società multietnica e multiculturale; li hanno eccome, come abbiamo visto chiaramente nel Giugno 2020 con le proteste a Londra e in molte città americane. Tuttavia, le minoranze etniche nella società britannica e americana sono presenti da secoli, e le persone sono più tolleranti che in Italia. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che il Regno Unito e gli USA hanno immigrati dal Sud del mondo ormai da decenni, mentre in Italia stiamo sperimentando l'immigrazione e un cambiamento demografico da soli 20 anni.
Ogni volta che torno in Italia durante le vacanze di Natale o durante l'estate, provo sempre una qualche forma di discriminazione o microaggressione. All'aeroporto la polizia di frontiera mi guarda sempre con sospetto quando presento il passaporto italiano, come se il passaporto fosse finto. A Verona, quando vado nei negozi nella via principale, i dipendenti mi danno del tu e non del Lei, mentre alle mie amiche danno sempre del Lei. Ho anche notato però che le cose stanno lentamente cambiando. Le seconde generazioni in Italia stanno facendo sentire la loro voce soprattutto attraverso i social media dove condividono esperienze personali, progetti e possibili modi per combattere la discriminazione e il razzismo. Penso che questo sia il modo più efficace in cui possiamo sostenere il cambiamento, ed è per questo che ho creato Enough (@sharenough_) con un’amica. La condivisione delle esperienze rende il problema più vicino a coloro che non ne sono interessati o che non si sono mai accorti della presenza di un problema.
Giovanna Giuriolo
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