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  • Immagine del redattoreFederica Russo

Pelle nera, maschere bianche: il pensiero di Frantz Fanon

TW: in questo articolo viene utilizzata la parola “razza” solo

perché utilizzata dallɜ teoricɜ e dallɜ studiosɜ del tempo.

Il concetto di razza ad oggi non viene più utilizzato perché

considerato privo di significato.


Tutte le teorie sociali contemporanee della razza contestano l'idea, un tempo diffusa, che la stessa abbia un fondamento biologico.

La razza è una costruzione sociale, è un sistema di classificazione che organizza le persone in base al fenotipo o all’ascendenza ed è costruita secondo specifici contesti sociali e storici.

La razza non va confusa con l'etnicità, che si riferisce ad uno stile di vita condiviso e generato da affiliazioni culturali, storiche, religiose e nazionali.


La maggior parte dellɜ teoricɜ concordano rispondendo che l'ordine razziale moderno nasce dal colonialismo: le potenze coloniali si sono servite della creazione di queste categorie per legittimare la violenza mediante gerarchie razziali socialmente costruite.

La razza poteva essere vista anche come una fonte di solidarietà sociale, ma la maggior parte delle teorie sociologiche sono critiche a causa della sua stretta connessione con il dominio sociale.

La critica a questo concetto si estende anche alla critica delle scienze le quali, anche quando aspirano alla verità e all'oggettività, hanno contribuito al processo di razzializzazione, fornendo concetti che hanno consolidato l'idea che la razza sia una categoria reale e naturale: nel definire e descrivere la razza lɜ studiosɜ occidentali hanno escluso le prospettive dei popoli razzializzati.


Frantz Fanon (1925-1961) è stato uno psichiatra e un filosofo nato nella colonia francese della Martinica.

La sua opera principale, Pelle nera e maschere bianche (1952), si concentrò sugli effetti di disumanizzazione del colonialismo. In questo libro egli spiega come la psicopatologia coloniale abbia radici sociali ed economiche.

Seguendo la scia delɜ interazionistɜ simbolicɜ, che sosteneva che la coscienza sorge grazie ad un processo dialettico di riconoscimento reciproco, un processo in cui “io divento me stessə e tu diventi te stessə solo quando ci riconosciamo reciprocamente”, egli sostiene che il riconoscimento assume diverse forme a seconda della società in cui si svolge.

In questo caso, lɜ colonizzatorɜ alimentano la propria identità narcisistica rifiutando di riconoscere la coscienza indipendente dellɜ servɜ. Le persone nere quindi non erano semplicemente ignoratɜ, ma la civiltà bianca ha negato loro la possibilità di riconoscimento, ciò che avrebbe consentito in primo luogo di opporsi allɜ signorɜ stessɜ. Le persone nere diventano così oggetti, sulla base dei quali la civiltà bianca può imporre la propria superiorità. Per Fanon la distinzione è tanto simbolica quanto emozionale, in quanto le persone nere incarnavano le paure inconsce delle europee simboleggiando il male, la dannazione, la guerra e la fame.

Frantz Fanon (1925-1961), psichiatra e filosofo nato nella colonia francese della Martinica e autore del libro Pelle nera e maschere bianche (1952)


In questo libro Fanon prende in esame anche gli aspetti psicologici del colonialismo sulle persone colonizzate, analizza come il potere coloniale dipenda da ampie distinzioni razziali tra razze europee e razze non civilizzate, primitive. Poiché lɜ le persone colonizzate erano circondatɜ e dominatɜ dalla cultura coloniale, assorbirono una percezione negativa di sé. In questo senso il colonialismo diventa una dominazione culturale e psicologica. Le persone colonizzate studiavano la storia dellɜ bianchɜ e ci si aspettava che provassero vergogna per la loro pelle.

Questo è il concetto alla base del titolo di quest’opera.

Fanon mise bene in luce che la distinzione razziale è pervasiva e costante e si intromette in tutti i momenti della vita. Viene assorbita profondamente nella psiche ed è costruita nella struttura della civiltà coloniale Europea.


Anche la religione ha contribuito ad alimentare questo sentimento di inferiorità. Tra gli anni 10 e 30 del ‘900 ci fu un’ampia diffusione del Cristianesimo in Africa. La gerarchia delle società africane al tempo era tradizionale e legata ad una discendenza di sangue.

Secondo alcunɜ studiosɜ, come Horton, i motivi della conversione al Cristianesimo avevano inizialmente una componente strumentale per entrambe le popolazioni: lɜ missionarɜ cristianɜ si offrivano di alfabetizzare le popolazioni, allo scopo di convertirle al cristianesimo, mentre lɜ africanɜ intendevano l’alfabetizzazione come un mezzo di ascesa sociale alternativo.

Si convertirono al Cristianesimo infatti principalmente le persone giovani, povere e le donne, cioè coloro che erano condannatɜ ad un ruolo di marginalità sociale, attrattɜ dal concetto di uguaglianza che professava il cristianesimo.



Come si poteva resistere a questa oggettivazione secondo Fanon?

Una risposta è quella di trovare un'alternativa fondando la propria coscienza nella cultura africana e nella filosofia del movimento della negritudine, un movimento nato come risposta al colonialismo e una delle prime organizzazioni spontanee di sollevazione della coscienza nera. Questa corrente opponeva agli attributi della civiltà bianca e capitalista quelli che considerava gli attributi della civiltà africana come il comunitarismo, l'anti individualismo e l'intimità con la terra.

Egli considerava la violenza come l’unico strumento possibile per sconfiggere la colonizzazione. Lɜ colonizzatɜ non vuole semplicemente essere come lɜ colonizzatorɜ ma vuole prendere il suo posto. La violenza rivoluzionaria serviva a uno scopo psicologico, per disintossicare le persone colonizzate dal loro complesso di inferiorità e riabilitarle ai propri occhi.

La visione di Fanon non si realizzò, la decolonizzazione non distrusse le strutture di potere del colonialismo e le diseguaglianze tra Occidente e Oriente o tra nord e sud organizzano ancora il mondo.


Federica Russo

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