Si è celebrata di recente - il 19 ottobre - la giornata internazionale dei pronomi, il cui obiettivo è il rispetto, la condivisione e l'educazione sul loro uso dentro e fuori dalla comunità LGBTQIA+. Utilizzare i pronomi corretti è, infatti, il primo passo per garantire alla persona alla quale ci riferiamo rispetto e validazione nei confronti della sua identità.
L'intento di questa ricorrenza è quello di normalizzare la condivisione dei propri pronomi al pari di quella del proprio nome, sottolineando l'importanza del loro utilizzo corretto.
L’utilizzo di pronomi sbagliati ha effetti negativi soprattutto sulla comunità trans*, verso la quale viene spesso utilizzato come primo subdolo strumento di violenza. Per quanto possa essere percepito come un gesto innocuo, la scelta consapevole di non utilizzare i pronomi corretti di una persona è ancorata nella volontà di umiliare e cancellare identità sulle quali - per loro propria natura - non è possibile esercitare un controllo.
Anche se informare e informarsi rispetto all’uso corretto dei pronomi non può fermare la discriminazione nei confronti della comunità trans*, è l’inizio di una conversazione sempre più necessaria. È solo creando consapevolezza che possiamo trasformare la società in cui viviamo nell’ottica di riconoscere e celebrare ogni identità complessa e intersezionale.
DECOSTRUISCI LA TUA IDEA DI GENERE, NON MEMORIZZARE PRONOMI E BASTA.
Non è sufficiente cercare di tenere a mente con chi usare quale pronome. L’obiettivo è quello di slegare i pronomi da una determinata presentazione normalizzata, decostruendo di conseguenza la propria idea di genere, identità e presentazione di genere.
Spesso le persone fanno supposizioni sul genere di chi hanno davanti in base alla sua presentazione o al suo nome. L'atto stesso di fare un'ipotesi (anche se corretta) invia un messaggio dannoso: le persone devono apparire in un certo modo per dimostrare il loro genere.
Proprio come può essere problematico inventare un soprannome offensivo per qualcunə e chiamarlə in quel modo contro la sua volontà, può essere offensivo o inopportuno indovinare i pronomi di qualcunə e usarli per riferirsi a ləi se non è così che quella persona vuole essere riconosciuta.
FAI TU IL PRIMO PASSO.
Condividere i tuo pronomi (soprattutto se non si ritiene essere necessario!) aiuta non solo a far sapere alle persone il modo in cui vuoi che si riferiscano a te, ma ha implicazioni più profonde: questo atto può creare nel tempo un’abitudine naturale a condividere i propri pronomi disincentivando di conseguenza l'idea che fare supposizioni sia una buona pratica.
Se le persone con le quali interagisci ipotizzano correttamente quali pronomi utilizzare per te, decidere di parlarne apertamente mette in evidenza la supposizione che è stata fatta a priori (che per altre persone potrebbe essere errata), nella speranza di disincentivare questo meccanismo in futuro.
RINGRAZIA SE VIENI CORRETTƏ, NON CHIEDERE SCUSA.
Se ti capita di sbagliare i pronomi della persona alla quale ti stai riferendo correggiti semplicemente senza commentare, e vai avanti. Questo evita di portare il focus del discorso sui motivi dell’utilizzo di un pronome rispetto ad un altro, creando una situazione che spesso non è piacevole soprattutto in contesti in cui la persona alla quale ti riferisci può non sentirsi a suo agio nel condividere informazioni personali o rispondere a eventuali domande.
Se dopo l’errore vieni correttə ringrazia e non chiedere scusa. Ringraziare ha già intranseco in sé il riconoscimento dell’errore. Chiedendo scusa l’altra persona viene messa nella condizione di dover rispondere, spesso con un “non c’è problema”, e di doverti tranquillizzare di non averla ferita.
Sbagliare è possibile,ma è importante non mettere il peso di questo errore sulle spalle di chi viene discriminatǝ ed è messǝ nella condizione di dover affrontare conversazioni come questa ogni giorno.
Echo Ranzoni
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