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  • Immagine del redattoreDelfina Bucci

Why black hair is not “just hair”

Fin dall’antichità i capelli hanno sempre avuto un ruolo fondamentale per l’essere umano: elemento ornamentale per il corpo e per il viso. Essi definiscono il nostro stile, la nostra identità e la nostra cultura. A tal proposito, mi soffermerei sui capelli afro, da sempre oggetto di discriminazione, esclusione e razzismo; tuttavia ricchi di tradizione, spiritualità e storia.


Le più antiche tribù africane usavano acconciarli - e ancora oggi lo fanno - per motivi che vanno al di là dell’aspetto puramente estetico. Il modo in cui questi venivano annodati definiva lo status sociale, il rango, la religione, lo stato civile, l’età e il benessere della persona. Prima della colonizzazione del XV secolo si poteva sapere tutto di una persona guardandole semplicemente i capelli. Inoltre si pensava che essendo la parte più alta del corpo potesse essere il tramite utilizzato dalle divinità per raggiungere l’anima delle persone.



Con l’avvento della Tratta atlantica nel 1619 le cose iniziarono a cambiare. Non solo milioni di persone africane furono private della libertà, ma anche della propria identità. Una volta che venivano catturatə, infatti, erano forzatə a rasare i propri capelli: questo fu l’inizio del processo di sradicamento della loro identità e della cultura nera. Quello della rasatura fu uno strumento utilizzato per minimizzare la bellezza dei neri e disumanizzare le donne nere. A mano a mano che i capelli crescevano sia gli uomini sia le donne sceglievano di tenerli corti o di utilizzare stili pratici per essere più comodə nello svolgimento delle loro mansioni nei campi.


Rapidamente questi stili pratici divennero dei veri e propri strumenti salva vita. Le cosiddette “cornrows”, le famose treccine, furono utilizzate per ‘disegnare’ delle vere mappe di fuga direttamente sulla testa degli schiavi. Il numero di queste indicavano sia quanto fosse distante la successiva piantagione sia quanto tempo occorresse prima di giungervi. Per evitare, una volta scappatə, di rimanere senza cibo, le donne nere disponevano una serie di semi e di riso nelle treccine. Non solo mostrarono di essere innovative, ma utilizzarono i propri capelli come strumento di sopravvivenza. A tal proposito citerei un episodio vissuto da Harriet Tubman (combattente per l’umanità, 1822-1913): “Proprio in quell’istante, l’inseguitore scagliò un pesante oggetto di metallo contro lo schiavo in fuga. Mancò il bersaglio, ma colpì la ragazza sulla testa, Harriet. Harriet rimase gravemente ferita, ma i suoi folti capelli attutirono il colpo salvandole la vita: ‘I miei capelli non erano mai stati pettinati, sembravano un grosso cespuglio ma mi salvarono la vita’.


A partire dal XVIII secolo in Louisiana venne approvata la legge “The Tignon Law” che obbligava la donne nere a utilizzare foulard o fasce in modo tale da nascondere i propri capelli. Questo perché si voleva frenare la crescente influenza della popolazione nera libera e mantenere l’ordine sociale. Con l’abolizione della schiavitù nel 1865 le generazioni successive soffrirono enormemente dello stereotipo che si era ormai consolidato nei confronti del capello afro.

Considerati ruvidi, indisciplinati e crespi, moltissime persone nere sottoponevano - e sottopongono tutt’oggi - i propri capelli a metodi invasivi e spesso traumatizzanti per allinearsi ai modelli occidentali del capello liscio. Con il movimento rivoluzionario, meglio noto come “Black power” o “Potere nero” vi è stato un risveglio dell’orgoglio nero, si è cominciato a promuovere gli interessi dellə nerə, sia sul piano sociale sia su quello politico. Ed è proprio in questa occasione che i capelli non vengono più considerati come motivo di vergogna, ma di potere. Il potere di affermarsi, il potere di essere liberə, il potere di accettarsi e il potere di rompere ogni forma di barriera e di pregiudizio.



I capelli afro rappresentano una identità che per anni è stata strappata, obbligata a sottostare a modelli ritenuti migliori e disciplinati.

Dietro a quei capelli, così tanto giudicati e stereotipati vi è storia, identità, comunità, politica e forza. Oggi più che mai modelle, icone della politica o della discografia scelgono di mostrare i loro capelli al naturale. Nel 2017 questa posizione è diventata ancora più tangibile con il lancio dell’hashtag #BlackHairChallenge. L’obiettivo era quello di rendere omaggio ai capelli afro al naturale, diventando così il protagonista di una rivendicazione.


Cito una parte della canzone di Solange Knowles ft. Sampha dal titolo Don’t touch my hair


Don't touch my hair

Non toccarmi i capelli

When it's the feelings I wear

Quando indosso i sentimenti

Don't touch my soul

Non toccarmi l'anima

When it's the rhythm I know

Quando è il ritmo che conosco

Don't touch my crown

Non toccarmi la corona

They say the vision I've found

Dicono che la visione che ho trovato

Don't touch what's there

Non toccare ciò che è lì

When it's the feelings I wear

Quando indosso i sentimenti



Delfina Bucci

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